Nell’epoca in cui viviamo siamo abituati alla iper-stimolazione sonora. Ascoltiamo musica in ogni momento, comunichiamo tra noi utilizzando moltissime parole, leggiamo testi tutto il giorno, inviamo e riceviamo messaggi di ogni tipo. Siamo circondati da rumori. Non sempre prestiamo attenzione a tutto ciò che ci arriva, ma la nostra mente è sempre in allerta e a contatto con tutte queste informazioni.
Tutti questi suoni che ci arrivano li definiamo soggettivi, poiché ognuno di noi reagisce in modo diverso verso uno stesso stimolo sonoro. In generale si produce una catena di associazioni di idee e immagini che generano un rumore mentale che ciascuno vive in modo particolare.
Si dice che in questo stato la mente si comporta come uno specchio d’acqua tranquilla nel quale vengono tirate molte pietre nello stesso istante. Ogni pietra produce una onda circolare concentrica e queste onde essendo vicine una all’altra si scontrano tra loro e si annullano o perdono forma rapidamente.
Allo stesso modo i pensieri di una mente agitata si scontrano uno contro l’altro e perdono forma. In generale, nella nostra vita quotidiana ci riferiamo a tutti questi stimoli come generatori di rumore mentale.
Suono rituale
Tutte le culture del mondo hanno usato il suono nei loro rituali, cerimonie e pratiche di meditazione come forma di connessione interiore, sia individuale che anche di gruppo, e come forma di accesso alla comunione con la totalità e la trascendenza. Troviamo molte similitudini in diverse culture e tutte ci parlano di arrivare ad uno spazio dentro di noi in cui si trova il silenzio. Si tratta di arrivare al silenzio necessario per poter udire qualcosa che è più profondo di noi stessi.
Il discepolo chiese: – Cosa fa il maestro seduto li?
Risposta: – Sta ascoltando il suono della pietra che cresce.
Il silenzio è un concetto molto utilizzato per descrivere lo stato che vogliamo raggiungere quando meditiamo, i pensieri si acquietano, cessa il rumore e non siamo così agitati dalle reazioni che questi provocano in noi. Si dice che quando una persona raggiunge il silenzio, la sua mente è come uno specchio d’acqua calma e quando appare un pensiero questo è come una sola pietra che viene tirata nell’acqua. Questa pietra produce una onda che cresce concentrica e si espande liberamente per tutta la superficie dell’acqua fino a raggiungere la sponda. Quando la mente in questo stato di silenzio ha un pensiero, questo pensiero si converte in azione.
Quando meditiamo con il suono, prestiamo attenzione al suono, a un solo suono, lo seguiamo, ne godiamo, ampliamo il nostro ascolto fino a permettere che entri in noi, vibriamo con esso, siamo uno con il suono fino a convertirci in esso. Quindi sentiamo che vibriamo, che questa vibrazione si espande e va aldilà dei limiti del nostro corpo…
Il nostro ascolto diventa più sottile e più sensibile a tutto ciò che ci circonda, iniziamo a percepire altri suoni che prima sembravano non esserci… e la mente si rilassa, non deve più sforzarsi nella risposta alle richieste esterne o alle preoccupazioni, è solo attenta a ciò che sta avvenendo in quel momento presente, la lotta è scomparsa…
Suono interiore
La prima cosa che possiamo fare per meditare con il suono è disporci ad ascoltare, a prestare attenzione a un suono semplice, possiamo cominciare tappandoci le orecchie e semplicemente ascoltare il suono del nostro respiro… poco a poco può diventare uno dei cinque suoni dei quali ci parlano i maestri indiani di Nada Yoga.
Possiamo anche prestare attenzione ad un suono semplice che catturi la nostra attenzione, un suono lungo come quello di una campana, un ting-sha (campanelle tibetane), il canto di un passero o il vento.
“Alla fine del Suono si trova la Verità”.
Quando udiamo il canto di un uccello o del vento, seguiamo un suono che è variabile, connettiamoci ad esso, contempliamolo senza giudizio e senza cercare di identificarlo e osserviamo ciò che sentiamo quando ci arriva, godiamone.
Meditare con le ciotole tibetane
Questi meravigliosi strumenti ci permettono di incontrare il suono dell’Universo. Ogni ciotola ha vari suoni che sono accordati con la scala armonica. Ogni ciotola ha una frequenza fondamentale, che è il suono più grave che la ciotola può dare (che dipende dalla dimensione e dalla forma) e altri suoni che partono dal fondamentale, chiamati armonici, che suonano con un volume simile a quello del fondamentale.
I suoni armonici sono frequenze che mantengono una relazione particolare tra loro. Questa stessa relazione può essere osservata in tutta la natura, per questo quando ascoltiamo una ciotola armonica tutte le nostre cellule sembrano riconoscere quel suono, ricordano la loro vibrazione originale e si riordinano. Anche solo ascoltando questo suono, il cervello abbassa la sua frequenza di vibrazione e raggiunge lo stato alfa.
Tutto è vibrazione, tutto ciò che esiste vibra, tutto è in movimento, è una verità universale affermata dalle culture ancestrali e confermata dalla scienza. Ma il tutto non vibra in un modo qualsiasi. C’è un ordine, uno schema visibile tra tutte le vibrazioni, che unisce il modo in cui esse si relazionano tra loro. Questo ordine, relazionato con concetti studiati nella geometria sacra, la proporzione aurea, il numero d’oro, la serie di Fibonacci, ecc… è stato definito Armonia da Pitagora, nei suoi studi sulla vibrazione delle corde.
Grazie alla connessione quotidiana con queste vibrazioni torniamo a prendere contatto con la relazione armonica. Torniamo a prendere contatto con un punto di equilibrio. Il suo uso si basa sul principio di risonanza. Per fare questo è sufficiente una ciotola, che scegliamo a seconda della nostra affinità ai suoi suoni. Le ciotole più piccole producono vibrazioni più acute, quelle più grandi vibrazioni più gravi, ma tutte riproducono la scala armonica.
Qualsiasi persona può realizzare una pratica personale di connessione con i suoni armonici. La prima percezione che si avrà suonando la ciotola è che la mente si calma. Le ciotole ci aiutano a entrare in uno stato meditativo, anche se non conosciamo tecniche di meditazione, poiché aiutano ad abbassare la frequenza di vibrazione del cervello.
La pratica
Per meditare con il suono di una ciotola ci sediamo comodamente con la schiena dritta, prestando attenzione a non alzare le spalle mentre suoniamo lo strumento. Lo appoggiamo sul palmo della mano, per beneficiare anche della vibrazione che si genera in questo punto di scambio dell’energia.
Le ciotole si sfregano delicatamente sul bordo esterno con una bacchetta di legno. Nella misura in cui i suoni armonici sgorgano dalla ciotola, la nostra mente porta la sua attenzione alla sonorità. Posso mantenere il tocco per tutto il tempo che voglio. Per concludere o fare una piccola pausa nel tocco, separo la bacchetta di legno dal suo bordo e mi concentro nei suoni, che molto lentamente andranno abbassandosi di volume. Mantengo questa attenzione fino a che il suono diventa quasi impercettibile. E resto sereno, con la attenzione posta in quel silenzio che ci porta ad un profondo spazio di connessione con tutto ciò che esiste.
La nuova Campana Tibetana Armonica TJ7N-OM è lo strumento ideale per suonare in meditazione: il suono della OM si aggiunge alla nostra meditazione rendendola più potente e profonda.
Meditare con la nostra voce
nel corso della storia umana la voce è stata lo strumento più utilizzato per generare stati di meditazione. Il canto comunitario, presente nei rituali di tutto il mondo, da luogo a profondi stati di comunione tra persone e con la natura.
Anche la nostra voce ha suoni armonici, anche se cantiamo solo una vocale. Essendo uno strumento che portiamo sempre con noi, possiamo utilizzarlo come risorsa nelle situazioni più diverse. Pochi minuti di vibrazione generata con la nostra voce ci porteranno rapidamente ad uno stato di connessione interna, a ripulire la nostra mente, e a continuare la nostra giornata in modo più attivo ed efficace.
Quando cantiamo in gruppo offriamo il nostro suono al gruppo. Questo genera un suono che si trasforma in una sonorità molto più grande, in cui appare un insieme di suoni acuti come se fossero flauti che nessuno sembra cantare e trasformano il canto in una esperienza meravigliosa. Nella esperienza di gruppo la coscienza di individualità svanisce, riconoscendo anche l’altro come un essere vibrante e generando insieme una unica vibrazione.
La pratica
Per meditare con la nostra voce ci sediamo in posizione comoda con la schiena dritta.
Iniziamo a respirare profondamente, prendiamo aria lentamente e esaliamo. Possiamo seguire il suono del nostro respiro ascoltando l’inalazione e l’esalazione.
Quando esaliamo, lasciamo che il suono del respiro si trasformi in suono di vocale e iniziamo a sentire maggiormente la vibrazione. Possiamo mettere la mano sul nostro petto per percepire come vibra il nostro corpo quando cantiamo. Possiamo continuare con la pratica per il tempo di cui abbiamo bisogno, anche per un tempo breve, quando sentiamo la necessità di fare una connessione con noi stessi. Anche solo poche vocalizzazioni sono sufficienti per cambiare la nostra attenzione e il nostro stato vibratorio.
Nelle pratiche di meditazione con la voce possiamo aggiungere alla tecnica di vocalizzazione la possibilità di cantare i suoni seme o bija mantra, possiamo anche cantare il suono della Om, altri mantra, takis o canti sacri di diverse culture. La stessa tecnica la utilizziamo per la voce parlata e possiamo godere del potere vibratorio della nostra voce nella pratica della preghiera o dei Sutra.
La meditazione con il suono ci aiuta, in ambito personale, a sentirci integrati a livello fisico, emozionale e mentale e, a livello generale, ci connette con la consapevolezza che Tutto ciò che esiste vibra. Tutto ciò che esiste è Suono, questo conferisce alla nostra pratica una dimensione spirituale.
Siamo parte di qualcosa di più grande di noi e, aldilà delle nostre credenze e del nome che gli diamo, i suoni ci connettono con il nostro Essere spirituale.
Albert Rabenstein
E’ direttore del Centro de Terapia de Sonido y Estudios Armonicos di Buenos Aires, Argentina. Sviluppa attività di ricerca e facilita corsi e seminari sul potere terapeutico del suono e il suo uso come strumento di trasformazione personale.
Dal 1987 si è specializzato nello studio dei suoni armonici e in particolare delle ciotole tibetane.
E’ pioniere nella ricerca sui suoni armonici e punto di riferimento sull’uso delle ciotole tibetane in Argentina. Ha sviluppato un proprio sistema di lavoro con le stesse. Integra conoscenze di diverse culture ancestrali con recenti scoperte scientifiche nel campo della risonanza molecolare.
La sua formazione include studi di Ingegneria, Musica, Direzione Corale, Medicina Cinese, Digitopuntura, Qi Gong terapeutico, Geometria Sacra, Alchimia, Logoterapia e Pensiero Junghiano, attraverso i quali ha realizzato una sintesi che integra il rigore scientifico con la sensibilità e profondità nel lavoro energetico.
In Argentina collabora con molti professionisti e istituzioni nell’ambito della salute, incluse attività nell’Ospedale di Pediatria Garraham di Buenos Aires, la partecipazione a congressi organizzati dall’ASOI (Associazione di Oncologia Integrativa) e IMADA (Istituto Medico Argentino di Agopuntura), e collabora con il Centro Junghiano di Antropologia Relazionale.
Quando pratico la meditazione sul suono della campana tibetana devo respirare con l’addome o con il torace?
Salve Alberto, la cosa importante è che la respirazione sia lenta, profonda e completa, lasciandosi andare alla connessione con il suono…